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All’Ars i cambi di casacca riflettono la politica nazionale




Settantacinque deputati per quasi 75 anni di storia. Perché l’Assemblea regionale siciliana è nata prima ancora del Parlamento italiano di età repubblicana. Sei mesi prima per la precisione: il 25 maggio 1947 i primi 90 parlamentari siciliani facevano il loro ingresso a Palazzo dei Normanni, poche settimane dopo la strage di Portella della Ginestra. Un numero che dal 2017, in occasione dei 70 anni dell’Ars, è sceso proprio a 70 deputati. Solo che nel frattempo, in poco più di due anni, cinque parlamentari sono stati sostituiti portando a 75 il numero di chi è entrato all’Ars nella XVII legislatura.

Le ultime elezioni, nel novembre 2017, hanno visto la vittoria del centrodestra, che ha potuto contare sulla maggioranza assoluta in assemblea con 36 deputati, incluso il presidente di Regione Nello Musumeci. Ma in questi due anni gli equilibri sono cambiati: sia tra maggioranza e opposizione, perché il centrosinistra ha perso una parlamentare a favore del centrodestra, sia all’interno di entrambe le coalizioni, riflettendo i nuovi assetti politici nazionali.

L’attuale opposizione consta di 33 deputati ed è composta da Movimento Cinque Stelle (20 deputati), Partito democratico (8), SF Italia Viva (4), Misto (1). Mentre l’attuale maggioranza può contare su 37 deputati ed è composta da Forza Italia (10 deputati), Diventerà Bellissima (6), Udc (5), Popolari ed autonomisti (5), Fratelli d’Italia (4), Lega Sicilia (4), Ora Sicilia (3). Rispetto alle elezioni del novembre 2017, la maggioranza ha guadagnato un seggio grazie al passaggio di Lantieri dal Partito democratico a Ora Sicilia.

All’interno della maggioranza si è assistito inoltre a un ulteriore frazionamento delle forze politiche, passate da cinque a sette. A beneficiarne è stata la Lega di Matteo Salvini, che è entrata all’Ars insieme a Fratelli d’Italia ma nel gennaio 2020 ha potuto contare su quattro deputati fuoriusciti da FI, FdI e Udc per creare il nuovo gruppo Lega Sicilia. Altra nuova formazione è Ora Sicilia, nata da fuoriusciti di FI, Udc e Pd, che con i loro tre voti possono valere come ago della bilancia della legislatura, considerando che tra i deputati di maggioranza si contano anche il presidente della Regione Nello Musumeci di Diventerà Bellissima e il presidente dell’Assemblea Gianfranco Miccichè di Forza Italia. E proprio Forza Italia, pur restando il partito più importante della coalizione, ha perso quasi un terzo dei suoi deputati.

Il partito di Silvio Berlusconi aveva ottenuto 14 seggi alle elezioni regionali e si ritrova ora con 10 deputati, dopo essere scesa a 9. A beneficiarne Fratelli d’Italia, Lega Sicilia e Ora Sicilia. Mario Caputo ha riportato a 10 il gruppo di Forza Italia, subentrando nel febbraio 2020 a Rizzotto (che militava nel gruppo Ora Sicilia ed è stato dichiarato ineleggibile in gennaio).

Sono 52 i deputati che si trovano ancora nella stessa formazione politica con la quale sono stati eletti. A questi vanno però aggiunti anche i cinque deputati di “Popolari ed autonomisti – Idea Sicilia”, gruppo che, come certificato anche dalla Corte dei Conti, si è limitato a un cambio di nome dal precedente “Popolari ed autonomisti”. Di fatto dunque è possibile considerare 57 su 75 i deputati come coerenti con la propria elezione.

Discorso a sé meritano i due deputati eletti nella coalizione di centrosinistra con Sicilia Futura: il gruppo ha cambiato denominazione in SF Italia Viva nel novembre 2019 quando ai due componenti originari si sono aggiunti altri due deputati regionali fuoriusciti dal Partito democratico. Una decisione conseguente ai nuovi equilibri nazionali del centrosinistra: dopo l’uscita di Matteo Renzi dal Pd per fondare Italia Viva nel settembre 2019. Formalmente, per i due deputati di Sicilia Futura, non si è trattato di un cambio di gruppo, ma di un cambio di nominativo come quello dei Popolari ed autonomisti. Con la differenza che il cambio di nome si è accompagnato all’adesione a una nuova formazione politica nazionale. È infatti vero che i due deputati di SF, pur non avendo compiuto un vero e proprio cambio di casacca, erano stati eletti per una formazione diversa, seppur alleata, al Partito democratico allora guidato proprio da Renzi come segretario nazionale. C’è insomma da chiedersi se i loro elettori, che li avevano visti come alternativi al Pd renziano, li avrebbero voluti vedere come nuovi alleati di Renzi.

Includendo i due deputati originariamente eletti con Sicilia Futura, sono dunque 18 i deputati che hanno effettivamente cambiato gruppo all’Ars e tre di questi sono nel frattempo decaduti. Di questi 18 inoltre, quattro deputati hanno effettuato un secondo cambio di gruppo nei mesi successivi, in un caso tornando al gruppo di appartenenza originario (Giuseppe Zitelli eletto con Diventerà bellissima e rientrato nel movimento del presidente Musumeci dopo pochissimi giorni passati in Fratelli d’Italia a inizio legislatura).

Un unico deputato ha effettuato tre cambi: Gennuso, eletto con Popolari ed autonomisti, per un giorno a inizio legislatura è passato al Misto per poi tornare ai Popolari ed autonomisti e infine nell’agosto 2019, rientrato all’Ars dopo una sospensione, aderire a Ora Sicilia. Curiosamente la deputata che aveva sostituito Gennuso da aprile a luglio 2019 ha anticipato proprio le scelte del collega, fuoriuscendo dai Popolari ed autonomisti per entrare nel neonato gruppo Ora Sicilia.

Il gruppo più coerente con la propria elezione è quello del Movimento Cinque Stelle, il più numeroso dell’Ars con i suoi 20 deputati, che non ha subito defezioni: il presidente del gruppo Giancarlo Cancelleri si è dimesso nel settembre 2019 dopo essere stato nominato viceministro del Governo Conte II ed è stato sostituito all’Ars da Concetta Damante. Unico caso all’Ars per il quale la politica nazionale sembra non aver influito.






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