Calo della disoccupazione in Europa, ma in Italia una
generazione resta indietro
Si avviano verso il quarto decennio di vita, se non l’hanno già
superato. Età che dovrebbe presupporre alcuni punti fermi: occupazione,
stabilità economica, famiglia. Dovrebbe. Perché, mentre si registra il dato più
basso di disoccupazione in Europa sin dall’inizio della crisi (scesa al 6,8%
nel 2018, mentre nel 2008 era al 7%), c’è una generazione che in Italia sembra soffrire
più delle altre.
Sono i 35-44enni: per loro la crescita occupazionale sembra essersi fermata.
In attesa dei dati finali sull’intero 2019, i numeri mensili e trimestrali
mostrano una frenata, se rapportati agli stessi intervalli del 2018. Si tratta
dell’unica fascia di età con il tasso di disoccupazione in crescita.
La forbice con l’Europa
Non è così
nel resto d’Europa, salvo qualche eccezione. Per i 35-44enni prosegue il trend positivo segnato
negli ultimi anni per tutte le fasce d’età. E in attesa dei dati relativi
all’ultimo trimestre del 2019, il bilancio occupazionale per questa generazione
migliora. Il tasso di disoccupazione è in continuo calo: la media nei 28 Paesi
dell’Unione Europea per questa fascia di età si attesta sul 5,4 per cento e sul 5,1 per cento, rispettivamente per i 30-34enni e per i 35-44enni.
Un’ondata positiva che coinvolge tutti i lavoratori, dai
giovanissimi ai più anziani: nel terzo trimestre del 2019 in Europa ci sono un milione
e 260mila lavoratori in più rispetto allo stesso periodo del 2018, con un tasso
occupazionale arrivato a quota 69,6 per cento.
La situazione italiana
La disoccupazione cala anche nel nostro Paese, ma gli ultimi dati
disponibili relativi al terzo trimestre del 2019 mostrano come la situazione
italiana resti delicata, con un mercato del lavoro che offre poche prospettive ai
giovani. La forbice rispetto all’Unione Europea si allarga al decrescere
dell’età: se la differenza del tasso di disoccupazione tra l’Italia e la media Ue
si attesta sul 2,8 per cento per i 45-49enni, cresce invece esponenzialmente
sino ad arrivare all’11,2 per cento tra i giovanissimi. Nella fascia 15-24 anni
un italiano su quattro è in cerca di lavoro, a fronte di una media europea di
uno su sette. E, nonostante un miglioramento rispetto allo stesso periodo del
2018, nel terzo trimestre del 2019 l’Italia è addirittura ultima in Europa per
occupazione dei giovani tra i 25 e i 29 anni.
Non un paese per giovani l’Italia, ma nemmeno per adulti: perché nel
generale clima positivo per l’occupazione fanno eccezione i 35-44enni italiani,
quasi gli unici europei non coinvolti dalla crescita, ma che anzi peggiorano la loro
condizione rispetto allo stesso periodo del 2018. Anche se i dati europei consentono di capire come sia in particolare la fascia di età 35-39 a peggiorare, mentre al contrario per i 40-44enni la disoccupazione sia in calo.
Tutta colpa del peso demografico?
Un decennio, quello
dei trentenni, che rappresenta in prospettiva un buco nero della forza lavoro
proprio nella fascia di età più produttiva e attiva. Quella dei millennials che,
secondo il rapporto Un buco nero nella
forza lavoro dell’Istituto Toniolo di Studi Superiori,
rischia di perdere un lavoratore su cinque nell’arco dei prossimi dieci anni:
gli attuali 30-35enni italiani sono oltre un milione in meno rispetto ai
40-44enni.
Il ridotto peso demografico è naturalmente significativo, ma
riguarda una prospettiva futura. E in ogni caso non è sufficiente a giustificare
l’aumento della disoccupazione nella fascia d’età tra i 35 e i 44 anni, che
ribalta le prospettive di un andamento positivo nel 2019.
Il tasso di disoccupazione per i 35-44enni è cresciuto dello 0,4
per cento nel terzo trimestre 2019, se raffrontato allo stesso periodo del 2018.
Un dato che va comunque valutato con cautela, se si considera che nei due
trimestri precedenti invece la disoccupazione era valutata in calo rispetto
agli stessi intervalli del 2018. In ogni caso i disoccupati sono aumentati di
oltre 10mila unità negli intervalli di riferimento, a dimostrazione che la
riduzione del peso demografico non sia ancora sufficiente a spiegare tutti i
flussi del mercato del lavoro italiano.
Peggiore performance la registra il Mezzogiorno, che in questa
fascia d’età mostra un tasso di disoccupazione triplo rispetto a quello delle
regioni del Nord Italia con uno scarto superiore al 10 per cento, a conferma di
un’Italia spaccata in due.
È rilevante però notare come nel Nord Italia, dove comunque i dati
peggiorano rispetto al terzo trimestre del 2018, sia la condizione delle donne
lavoratrici ad avere pesato sul trend negativo, mentre al contrario la
disoccupazione per i lavoratori 35-44enni sia calata. Disoccupazione femminile
in aumento al Nord dunque, mentre al contrario al Sud sono gli uomini ad
arrancare, a fronte di un tasso di disoccupazione femminile che scende
invece dell’1,1per cento. Sembrano quindi in
miglioramento le prospettive occupazionali delle donne nel Sud Italia, pur
rimanendo uno scarto più che doppio rispetto a quelle del Nord. Migliora invece
il tasso di disoccupazione al Centro, con un trend positivo che riguarda sia
gli uomini sia le donne.
Una nota positiva
Ma se i lavoratori in questa fascia di età sono in calo, di contro
migliorano i numeri sugli inattivi. Dai dati relativi al terzo trimestre del
2019, gli inattivi 35-44enni in Italia diminuiscono di 55mila unità rispetto al
terzo trimestre dell’anno precedente, con un tasso di inattività in calo dal
19,6 al 19,3 per cento. Questo potrebbe spiegare, almeno in parte, l’aumento
del tasso di disoccupazione. Eccezione significativa sono gli uomini nel Nord
Ovest d’Italia: qui il tasso di inattivi aumenta, in controtendenza rispetto al
dato nazionale.
Nel Nord Est, al Centro e al Sud si registra infatti un andamento
contrario. In particolare il Sud perde 29.800 lavoratori uomini nel terzo
trimestre del 2019 sul trimestre equivalente del 2018, ma il tasso di inattività,
in attesa dei dati relativi al quarto trimestre del 2019, sembrerebbe in fase
di decrescita. Questo vale per gli uomini, perché invece le donne inattive
35-44enni sono in aumento.
Il divario Nord-Sud si riconferma
anche guardando alle province. In questo caso la fascia d’età tiene in
considerazione tutti gli over 35. In coda alla classifica si trovano Crotone,
Messina, Agrigento, Napoli e Cosenza che, oltre a risultare le province con
meno lavoro nel 2018, hanno visto persino peggiorare il tasso di disoccupazione
rispetto al 2017, anticipando quello che invece sembra poter essere un trend
nazionale nel 2019 per i soli giovani tra i 35 e i 44 anni. Trasversale invece
tra Nord e Sud il dato nelle città metropolitane: da Milano a Catania, la
disoccupazione nelle grandi città era in crescita nel 2018, a eccezione di
Firenze, Bari, Reggio Calabria e Palermo.
Millennials a rischio?
In attesa dei dati complessivi sul 2019, si può sottolineare come
anche i dati più aggiornati a livello mensile (che però ampliano la fascia
d’età dai 35 ai 49 anni), confermino un trend in peggioramento: il tasso di
disoccupazione del dicembre 2019 è più alto rispetto a quello del dicembre
2018. Interessante però notare come anche in questo caso il tasso di inattivi
sia in calo, mentre il tasso di occupazione cresca, pur di uno 0,1 per cento. È
possibile che un clima di maggiore fiducia abbia portato molti inattivi a
cercare lavoro e dunque a infoltire le fila dei disoccupati?
In questo caso è possibile analizzare i valori assoluti rispetto
ai dati percentuali: il totale degli occupati, dei disoccupati e degli inattivi
è calato di 305mila unità da dicembre 2018 a dicembre 2019. Una riduzione di
peso demografico per la fascia d’età che è andata a pesare in particolar modo
sugli occupati: perché a fronte di una crescita pur minima del tasso di
occupazione, gli occupati reali tra i 35 e i 49 anni sono calati di 224mila
unità, a fronte di una riduzione di soli 2mila disoccupati.
E se fosse vero che il peso demografico possa aver influito in
queste variazioni, c’è da chiedersi perché, in un Paese sempre più vecchio, non
sia accaduto lo stesso per la fascia d’età precedente, quella dai 25 ai 34
anni, per la quale i trend sono tutti in netto miglioramento rispetto al
dicembre dell’anno precedente: più occupati, meno inattivi, meno disoccupati.